Tanto è quel bene ch'io aspetto,
che ogni pena m'è diletto
Recensione
di Marco Tavazzi
Si è conclusa la
nona edizione della rassegna teatrale "Teatro & Territorio"
organizzata dall’Accademia Teatro Franzato. Quest'anno è stata allestita una
trilogia di spettacoli aventi come filo conduttore la vita di San Francesco di
Assisi. Mentre i primi due capitoli
della rassegna si sono svolti nel salone del Centro "G.Grilli" e
nell'Auditorium "C. De Giorgi", il terzo è stato realizzato a cielo
aperto nello scenario del Borgo Antico di San Fermo. Quel giorno le auto della vita
moderna hanno lasciato spazio agli interpreti, circa 30, che muovendosi tra la
gente hanno dato vita a uno spettacolo. L'opera, che riguardava gli episodi più
significativi della vita di San Francesco, si è svolta lungo le vie del piccolo
centro, in uno scenario quotidiano per gli abitanti del borgo, che durante lo
spettacolo sono stati coinvolti, insieme al pubblico, in prima persona nello
svolgimento della storia. Questo grazie agli attori che spesso si rivolgevano
alla folla con gesti e parole, a volte interpretando in mezzo alla gente.
Lo spettacolo è iniziato nel giardino del
Centro Grilli con la proiezione a muro di immagini sacre, per poi passare a
scene tratte dal film "La lista di Schindler", sulla persecuzione
degli Ebrei. La scelta dell'argomento non è casuale, come spiega il regista e
pedagogo Paolo Franzato. "L'intento dell'opera è quello del teatro
pedagogico, in quanto luogo di comunione per il rinnovamento dell'uomo e della
società" ha dichiarato Franzato. La scelta di inscenare un racconto sulla vita
di San Francesco è dovuta alla necessità di portare alla gente un "modello
esemplare di pace. Soprattutto ai nostri giorni, dove la cultura della
sopraffazione che appartiene all'uomo sta mostrando il suo volto
peggiore", ha aggiunto il regista. La narrazione ha visto la figura del
Santo interpretata da più di un attore, secondo quello che è l'interscambio dei
ruoli, tecnica usata anche per gli altri personaggi durante tutta l'opera.
Così, il primo attore che impersonava San Francesco è in seguito diventato uno dei
ladroni affamati che si aggiravano attorno al convento, mentre l'attore che ha
interpretato il severo padre di Francesco ha indossato più tardi i panni di un
frate. La rappresentazione si è sviluppata lungo tutto il Borgo d'Arte,
culminando con la scena all'interno del Santuario dedicato ai Ss. Fermo e
Rustico, dove San Francesco realizza il suo sogno e diventa finalmente frate.
Sempre in questa scena madre dell'opera, il pubblico viene coinvolto con un
passaggio di pietre di mano in mano, per simboleggiare l'edificazione della
chiesa che il santo costruì. Per non parlare dei gesti di fratellanza degli
attori - monaci che hanno letteralmente abbracciato le persone che assistevano
allo spettacolo. Sempre nel Santuario il pubblico è stato ammaliato da un breve
intermezzo musicale, dove lo stesso regista è entrato nella scena dedicandosi
ad una splendida danza sul brano Salmo di Branduardi/Morricone. All'evento
hanno partecipato anche i musicisti Paolo Vanacore, Teodor Xhokaxhi e
Alessandro Panatteri, collaboratore di Morricone, che ha curato le musiche e
diretto il Coro.
L'opera si è conclusa da dove era partita,
al Centro Grilli, con una scena significativa tratta dall'episodio di
Montefeltro: un banchetto di ricchi che viene aperto ai frati poveri. Durante tutta
l'opera traspare la visione che il regista ha della realtà e che trasmette con
la sua pedagogia. "E' importante valorizzare le differenze, fa parte di
quel dialogo tra culture che è possibile, soprattutto quando c'è una volontà di
portarlo avanti" ha concluso Franzato. E per capire meglio l'idea della
volontà di cui ha parlato il regista, occorrerebbe assistere all'inizio della
prima scena, mentre vengono proiettati i filmati sull'Olocausto, e una frase
viene letta fuori campo: "Un tempo i popoli della Terra situavano
l'inferno in un altro mondo. L'uomo di oggi lo ha insediato sulla Terra".